lunedì, agosto 22, 2005

Passo di danza

Brucerò finalmente anch'io
un giorno,
pesanti le lacrime sulle bianche lingue
di fuoco quel giorno:
Libero il mondo,
libero di nomarsi
(semmai nomarsi fu segno di libertà).

Bruceranno al fin queste parole
questo foglio,
com'ogni altra cosa nata per ardere,
per scaldare qualcuno,
intreccio invernale di rami,
fonte di vita,
di parole che non puoi trattenere nel palmo.

Arderanno le erbe sotto le orme
e nuovi salti,
nuovi passi di danza
porteranno il mio corpo
in nuove terre pronte ad ardere,
impronte di fuoco su laghi di ghiaccio
e nuovi balzi,
nuovi passi di danza
porteranno il mio corpo
su nuovi lidi d'affondare.
Bruceranno i sentieri di solide pietre
sui quali orma alcuna è mai rimasta,
e il castello dei dotti
e il tesoro dei grandi
e la virtù dei pochi
e il paradiso dei molti
e le mie certezze di libertà
(semmai certezza fu segno di libertà).
E la tua libertà
(semmai una libertà fu certa).

venerdì, agosto 19, 2005

....l'attimo e l'eterno


...la maggior parte dalla vita la si trascorre aspettando; o meglio: la maggior parte della vita la si trascorre credendo di dover aspettare qualcosa o qualcuno.
Cosi facendo, oltre a non godere della maggior parte dei momenti che la vita ci offre, dimostriamo di essere organismi estremamente atemporali esternamente, ma intimamente stretti alla ruota del tempo.
Per pochi di noi il presente ha realmente significato: la nostra vita assume un apparente valore solo rispetto al passato, cioè la fonte della nostra esperienza, e al futuro, cioè la fonte dei nostri sogni.
In questo dimostriamo la nostra atemporalità superficiale, in quanto siamo spiritualmente proiettati fuori dal tempo in cui di fatto viviamo.
Nella società stessa l'individuo ha valore rispetto al suo passato, in quanto il suo "significato" è valutato in base alla dimensione dell'avere, non dell'essere: quanto ha, non chi è.
Nel rapporto con gli altri, nella maggior parte dei casi, l'individuo ha valore rispetto al suo futuro, in quanto il suo "significato", è valutato in base al quanto e al cosa darà, non al come sarà.
Io sono insegnante elementare in quanto in passato mi è stato riconosciuto tale titolo ed il mio valore o merito è calcolato in base al quanto saprò dare.
Tale rapporto con il tempo è però solo esteriore: intimamente siamo infatti estremamente legati ad esso, in quanto interamente condizionati dal presente.
Ciò che in realtà per l'individuo, al di fuori dei rapporti sociali, ha valore, è "l'attimo": Tutto si cancella in rapporto ad esso, il passato ed il futuro perdono la loro forma, entrambi svaniscono nel presente.
In un attimo si nasce ed in uno si muore; il tumulto interno delle passioni e delle emozioni fa si che per "l'anima" abbia valore solamente l'attimo presente, la sensazione che sta vivendo,più della somma di tutte le emozioni mai provate.
Il pazzo, è chiamato tale dalla società che vive del passato e del futuro e non sa sacrificare, come fa il "pazzo" (o l'uomo) l'intera sua esistenza all'attimo presente per poi distruggerla di nuovo a quello successivo.
La società non sa dubitare di sè in ogni istante (oppure non può?).
In un attimo si prendono quelle decisioni che trasformano la vita e che rimangono nel ricordo, in quanto la memoria è memoria di un attimo, decisioni che non tengono conto del passato,di ciò che sarà,e per questo sono significative e fondamentali.
Il sociale, la maschera, vive dunque al di fuori del tempo, nel passato e nel futuro; l'uomo nella sua individualità vive nel tempo, in stretto rapporto con il presente: questo, ciò che noi chiamiamo inconscio, irrazionale, artistico, quello ciò che noi crediamo logico, razionale.
Vivere eroicamente, significa vivere attimo per attimo conquistando e perdendo ciò che si è appena conquistato, raggiungendo certezze e mettendole subito in dubbio.
L'eroe, il bambino, l'uomo: consuma giorno dopo giorno la sua lotta "tragica" contro il sociale: il tempo contro l'eternità, Io contro la mia maschera.

martedì, agosto 16, 2005

Nei giorni del silenzio

Nei giorni del silenzio
nell'immobile meriggio estivo
nell'angolo della vita
nelle luci e nelle ombre del medioevo
nell'attimo senza memoria:
quando arduo è pronunciare
la più semplice sillaba,
unico compagno il mio respiro
allora giù,
giù,
più giù
oltre la paura del domani,
oltre il mare dei ricordi,
oltre il bisogno di te,
oltre la volontà di sopravvivenza,
forse ci sono io...

Con la foto di quand'ero bimbo
col grembiule nero
e il fiocco blu,
una strana coperta dietro
un misterioso libro davanti:
Storie di "a" e di "o",
paesi felici di gnomi,
natali ricchi di doni e di neve,
animali parlanti,
mesi dell'anno in vena di confidenze
eroi d'un tempo
e terre lontane,
magiche pozioni per bimbi dagli occhi lucenti,
dalle bocche spalancate dallo stupore,
dal cuore di chi non ha bisogno
dei giorni del silenzio.

mercoledì, agosto 10, 2005

Il tutto e il "mucchio

A volte le cose che pensiamo e che facciamo sono talmente inspiegabili e asociali che ci salviamo creando un alter-ego che agisce dentro di noi che siamo sue vittime.

Come al solito ciò che non vogliamo accettare è la responsabilità delle nostre azioni, ci nascondiamo dietro al: "è stato più forte di me"; "Io non volevo ma...".
Rigettando questa parte di noi stessi, non riconosciamo nostro figlio; poichè la parte ha significato solo in rapporto al tutto, rinnegando la nostra creatività, la isoliamo, la svuotiamo del suo significato, la rendiamo patologica.
(Non m'importa sapere chi ha sorriso; di enorme valore e significato, è la risata.)

La parte è così sola, malata; così facendo anche il tutto è malato, poichè il tutto senza una parte non rappresenta più un valore, bensì un "mucchio" di parti accatastate una sull'altra.
La parte si trova nel tutto così come il tutto si trova nella parte: che senso avrebbe la creatività se non fosse la "mia" creatività, se non derivasse da tutte le mie esperienze e non fosse espressione di tutto il mio spirito.

L'opera d'arte, l'azione è unica poichè è espressione e simbolo di un'unica volontà. (la parte diventa simbolo dell'intero poichè lo contiene realmente).
Due grandi parti convivono in noi: la necessità e la volontà; entrambe prive di significato qualora isolate dal tutto.
Che significato avrebbe la mia volontà se tutte le azioni mi fossero consentite e quale valore avrebbe la necessità qualora non fossi libero di oppormicisi.
Questo è facile da comprendere, ma in che misura il tutto, l'individuo è compreso in tali parti?

L'individuo è lo specchio, (la porta) grazie al quale riflettendosi si caricano di significato; volontà e necessità hanno infatti una radice comune, sono espressioni dell'intero in quanto la necessità è la miglior ragione ( o la più probabile) che la volontà abbia trovato.
Causare un evento significa fornirgli la miglior ragione perchè debba così agire; necessità è solo il miglior motivo perchè debba così accadere, affinchè si realizzi ciò che io voglio accada.
Così è stato perchè così ho voluto che fosse.
Fondamentale è che volontà e necessità siano parti del medesimo intero: il conflitto non avviene infatti tra necessità e volontà ma tra due volontà, tra due individui, tra individuo e collettività.

Ho chiesto di condividere un esperienza di gruppo ad un amico, la sua risposta negativa ha avuto origine da una sua azione creativa, dettata cioè dalla sua individualità, o passiva, dettata cioè dalla volontà superindividuale, la comunità ?
Che ruolo svolge la modernità nel contrapporre l'utile sociale agli slanci creativi individuali (mentre l'utilità per l'individuo stimola la creatività infatti, l'utilità sociale la mortifica, poichè il mare della soggettività si frange contro lo "scoglio" della comunicazione, e lì forse incontra la sua ragione d'essere) ?

domenica, agosto 07, 2005

Fisiologia e psicologia della conoscenza

Le funzioni ed i processi fisiologici e psicologici nell'uomo, sono tra loro più simili di quanto si possa credere.
Si potrebbe dire che si sviluppano secondo le stesse leggi.

Parlando della funzione digestiva potremmo dire che essa ha come fine "l'assimilazione" di materiale esterno; dove per assimilazione si intende appunto: "render simile, far assomigliare ". Le sostanze ingerite, alla fine del processo sono trasformate in materiale utile al funzionamento del nostro organismo, quindi simili ad esso: carne, sangue etc......

Analogamente agiscono i processi conoscitivi; il materiale che deve soddisfare la nostra "fame" di sapere, cioè il mondo esterno, la realtà , in una parola "l'oggetto", per essere assorbito, cioè compreso, dev'essere reso a noi simile, cioè comprensibile.
Tale processo di assimilazione psichica si basa sulla presunta possibilità di ridurre gli innumerevoli aspetti esterni, sotto un unico comune denominatore. l'uomo.

Attraverso la "quantificazione", l'uomo sente gli oggetti più comprensibili, cioè più familiari.
Tale familiarità aumenta il senso di sicurezza che la strada finora percorsa è quella giusta.
Il bisogno di sicurezza è fondamentale, e quindi istintivo, sia nell'uomo che nell'animale, la ricerca della sicurezza, cioè della stabilità, rende l'uomo, in particolare quello "comune", più restio a rischiare e meno propenso a verificare le proprie presunte certezze.

Un estremo risultato di tale processo, è la concezione, difficilmente confutabile ormai, riguardante l'uguaglianza di tutti gli uomini.
Tale uguaglianza, predicata inizialmente quale uguaglianza di tutti gli uomini di fronte ai diritti e doveri civili, ha radici ben più profonde nella psiche umana. La più grande presunzione è infatti quella di credere possibile "conoscere un individuo"; per conoscere un uomo lo devo supporre simile a me, ma per supporlo simile a me dovrei conoscerlo.

Ogni uomo suppone in realtà ogni altro uomo simile a sè, secondo un atto arbitrario e quindi non giustificato.
Il desiderio di conoscere un altro individuo che ha come causa il bisogno di sicurezza,e come radice la presunta uguaglianza di tutti gli uomini,produce la formazione di tipi, modelli , ruoli entro cui gli individui si muovono, scorrono, vivono.

Nasce la MASCHERA.
La mascera è ciò che si vede, o meglio ciò che gli altri credono di vedere, poichè solo la maschera è comprensibile per colui che ne indossa un'altra.
La rappresentazione sociale ha così inizio nel più grande teatro del mondo.

venerdì, agosto 05, 2005

La tempesta è passata

E' strano come oggi
i giovani non abbiano una casa piena di problemi,
nè una porta piena di colori,
e nemmeno un cassetto pieno di segreti.

E' davvero strano come
non senta questa canzone,
nel fiume dell'indifferenza le parole sembrano tutte le stesse,
nate per volare con una chitarra.

Mi stò mangiando la coda,
l'autoironia non serve a salvare la situazione,
perchè l'argomento non interessa al nostro lettore.
Non so come prenderlo,
è così nervoso e vuole solo sfogare i propri sentimenti.
solo....

La tempesta è passata, le nuvole passando
attraverso il LA, fuggono lontano....
Non saprò mai chi ha sorriso:
Io o il ragazzo nello specchio,
Io o quel ragazzo nello specchio?

giovedì, agosto 04, 2005

Giù la maschera!

Senza maschera,
sono uscito senza maschera,
a stento, mia madre mi ha riconosciuto.
Ricordo, mi fissava.....
Passavo inosservato tra la folla,
le loro maschere
rigide impedivano ai loro volti
di piangere per la mia sventura,
di ridere per la mia sventura, di....
Forti emozioni,
forti emozioni mi facevano girare il capo;
quale capo?
di fronte ad una vetrina non vidi,
non potei riflettere su un'immagine riflessa,
non potei riflettere su una maschera riflessa;
un colore, un suono, un odore, un....
Poi.............e poi......e poi ancora....

Non è vero, nulla di tutto ciò è vero;
non posso ricordare ora che sono ritornato
ad essere una maschera;
poichè per scrivere,
per scrivere poesie,
bisogna essere maschere e non volti,
maschere che rimpiangono di non essere volti.

mercoledì, agosto 03, 2005

Arte è creazione,


Arte è creazione, rielaborazione di contenuti stimolata dal bisogno interno di significazione delle esperienze vissute idealmente o concretamente; da ciò deriva non solo il fatto che nelle scienze vi è più attività creativa di quanto normalmente si voglia ammettere, ma anche che ricerca di significato vuol dire "attribuzione di significato".
Questa "voglia d'arte", questo imperante desiderio di donare un senso "per me" comporta un'elevazione dell'uomo al di sopra di un IO ancorato al bisogno di sicurezza e a quello strano istinto di conservazione che gli impedisce di comprendere che egli è meramente un prodotto temporaneo della sua stessa "volontà di creare".
Tale consapevolezza rappresenta il reale contributo dell'arte alla comprensione-fondazione del mondo: un messaggio che può essere trasmesso con il linguaggio dell'arte-vita, tacendolo, (sarà compito della filosofia esplicarne i contenuti) continuando ad essere arte per l'arte, vita per la vita. [fine...leggi i tre post precedenti per cercare di seguire il pensiero]

La dimensione pre-categoriale e soggettiva

La dimensione pre-categoriale e soggettiva propria dell'approccio artistico consente, sul piano della riflessione, una divagazione epistemologica: poichè tale dimensione risulta in qualche modo fondante, sia sul piano logico che cronologico, quella categoriale, e nel medesimo rapporto stanno tra loro il significato con la spiegazione, il soggetto con l'oggetto, e poichè al campo dell'arte spettano per competenza, intrinseca o arbitraria, i primi nell'ordine, l'atteggiamento di quest'ultima dovrebbe essere "fondante" rispetto a quello scientifico.
Per meglio dire, l'approccio che abbiamo indicato con l'attributo di "artistico", attento al significato che hanno "per me" le cose, è alla base sia delle forme più elementari della conoscenza, sia delle scienze che si occupano di settori sempre più specifici.
Tale "fondazione artistica o dell'interpretazione" è più carica di implicazioni di quanto possa apparire. [continua]

Il contributo dell'arte alla comprensione del mondo

L'insoddisfazione di Faust, espressa con queste precise parole: "...Ahimè ! Ho studiato a fondo e con ardente zelo filosofia e giurisprudenza e medicina e, purtroppo, anche teologia. Eccomi qua, povero pazzo, e ne so quanto prima ! ...e scopro che non possiamo sapere nulla...nemmeno un cane potrebbe continuare a vivere così.", è comune, e lo è stata ad un certo numero di persone le quali hanno optato in seguito per un approccio metodologico-conoscitivo di matrice artistica nei riguardi della realtà circostante.
La possibilità di tale approccio è fornita, a mio parere, dalla natura stessa dell'individuo. L'approccio artistico comporta infatti la centralità del soggetto come apice energetico e si realizza secondo uno schema comprensivo che si svolge in antitesi ad operazioni riduttive consentendo una interrelazione delle diverse dimensioni della persona.
Le scienze esatte perseguono un fine esplicativo-conoscitivo applicando una logica che tende a smembrare il soggetto nei diversi ambiti della ricerca, sottoponendolo all'analisi di ambiti definiti ed evitando in tal modo una esperienza "vitale" che integri le infinite prospettive.
Con ciò non si vuole affatto ripudiare le scienze ed i risultati da esse ottenuti, bensì rivalutare le arti quale forma alternativa di conoscenza fondata sul "senso delle cose".
Nel suo iter costitutivo la scienza positiva, secondo una prospettiva oggettivizzante, ha spesso permesso e contribuito alle sedimentazioni di senso, alla nascita di categorie sovrapposte all'esperienza diretta che ne permettessero la comparazione e lo studio. [continua]