mercoledì, marzo 29, 2006

PERCHE'?

"...lo vedevo disperato; capivo che voleva scrivere qualcosa, solo per il gusto di vedere nero su bianco, solo per vedere che un altro pomeriggio della sua vita non sarebbe andato sprecato.
Forse non voleva scrivere niente di originale, resta il fatto che mi guardava insistentemente, quasi cercasse in me l'ispirazione; capii al volo che mi aspettava un duro pomeriggio.
Era novembre ed il freddo e gli anni si sommavano ai miei dolori artritici, i tasti erano tutti indolenziti, facevo persino fatica a spostare il carrello, avevo inutilmente sperato di trascorrere i miei ultimi giorni in un negozio di antiquariato, magari dove lavorava mio figlio, un nuovissimo registratore di cassa; tutto era però ora lontano, mi trovavo alla mercè di un maniaco che non si accorgeva mai di dover andare a capo, toccava allora a me ricordarglielo ma il mio campanello era ormai stremato e ad ogni riga io prendevo dei colpi tremendi.
Quel giorno non so cosa mi prese ma non ce la feci più e decisi di rompere il giuramento che accomuna noi macchine da scrivere, e con esso il silenzio.
VUOI SMETTERLA DI BATTERMI COSI4 (nella foga e nell'eccitazione dimenticai di abbassarmi) 'FORTE?

Per nulla sorpreso mi rispose di perdonarlo ma aveva dei grossi problemi e non riusciva a parlare con nessuno e per questo era molto nervoso.
Scrissi di nuovo, VORREI AIUTARTI SE FOSSE POSSIBILE; contro i miei pronostici mi raccontò la sua storia ed io feci altrettanto.
Vorrei tanto scrivere ed essere capito, disse, raccontare le mie idee ed essere ascoltato, narrare i miei progetti ed essere seguito;
SAI QUANTE PAROLE ABBIAMO STAMPATO NOI,scrissi, QUANTI PENSIERI DI PERSONAGGI ILLUSTRI, SOLO NOI LE ABBIAMO REALMENTE CAPITE; SAI QUANTI STUPENDI DESIDERI DI CAMBIAMENTO ABBIAMO IMPRESSO SULLA CARTA, E LI' SONO RIMASTI, E SOLO LEI LI HA SEGUITI; SAI DI QUANTI AMORI, SOGNI, SEGRETI SIAMO STATE TESTIMONI, QUANTE PAROLE SCRITTE COL NOSTRO SANGUE GIACCIONO AMMUCCHIATE NEL DIMENTICATOIO CON I LIBRI CHE LE CONTENGONO, O SUL TAVOLO DI STUDIO DI QUALCHE STUDENTELLO PREOCCUPATO DI RICORDARSENE IL PIU' POSSIBILE PER BEN FIGURARE ALL'ESAME?.
Tacque.
-Perchè?- mi chiese e lo scrisse su di un foglio per non dimenticare mai più quella santa parola: PERCHE'?, scrissi io quasi facendogli da eco.

venerdì, marzo 10, 2006

Epilogo

EPILOGO Credetemi, non mi spiegherò mai perchè nessuno si preoccupò di ritrovare Chet, nemmeno il reverendo Abhramson. La sua scomparsa condusse con sè anche tutti i ricordi che ognuno aveva di Jeremia, quasi non fosse mai esistito. Rivolgo un appello a chiunque avesse avuto la fortunata occasione di incontrarlo : scrivetemi. In caso contrario mi rimangono due ipotesi, come mi confermò un compagno di bevute. 1 - Chet apparteneva all'immaginario collettivo di quella comunità del sud che decise di cancellarlo una domenica mattina dopo un sermone del reverendo Cornelius Abhramson, oppure quell'intera cittadina apparteneva all'immaginario di Jeremia Hutto, Chet, che non fece altro che pensarli esattamente come lui li poteva vedere : ciechi. 2 - Chet l'ho immaginato solamente io, oppure Chet sta ancora immaginando...me. E' meglio che non continui di questo passo, che ne dite, potrei non arrivare in tempo a concludere il racconto !